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1.
E sia 02:12
Lo so. Ci si aggrappa a tutto pur di non sprofondare anche alla notte.
2.
Dammi a voce distesa canzoni da riempirmi il vuoto che ho. Non è certo una brusca pretesa ma una pacata richiesta che so, sei in grado di soddisfare. Ora che è notte e tutto odora di sporco [– per l’umidità –] c’è un bisogno. Di voci che a gola spiegata cantino la vita. Quella intera, non frazionata in Frammenti di inutili niente Quella che dici: stavo meglio prima a non vedere[, in compenso ero un mezzo uomo.] Quella che ti dilania per la verità brutale e tu non sei più come prima.
3.
Tienimi il cuore tra le mani. Mi guardi fino a fissarmi. I tuoi occhi mi parlano nella grammatica silenziosa che noi sappiamo. Hai bisogno di porre – lo sento – il tuo capo sul mio grembo come un bimbo e lasciarlo riposare lì. Mentre ti assopisci senza difese io ti veglio. Il tuo sonno arreso nel mio abbraccio mi rende madre del mio amore.
4.
Esergo 04:00
Non mi ha mai sfiorata il desiderio di essere come tutti io papavero ai bordi di un asfalto al catrame.
5.
Se ho permesso di calpestarmi il cuore con le scarpe sporche era di una domenica d’estate slavata non come questa grigia [ma dai colori cancellati e sepolti.] Seguì un inverno inacidito dalla tua indifferente distanza gelo alle mani e al cuore. Volli provare la disperazione invocai balli di distratta allegria fui terra asciutta. La vita da allora è andata veloce[mente] verso linee di volti passi innumerevoli nomi che il tempo ha impolverato ha piovuto in abbondanza poi è comparso il sole [con la sua culla].
6.
Non ho più 03:48
Non ho più mani. Le ho perdute stendendo carezze e non sono ritornate. Non ho più bocca. L’ho usata nei baci acerbi che donai. Ho ancora i piedi e gli occhi. Mi seguono, mi rincorrono, mi scrutano nei passi vacillanti. Non smarriscono la bussola nel vuoto assolato d’estate e nella nebbia di un eterno autunno. Quando vedi una donna camminare e guardare senza più mani e bocca sono io. Ognuno manca di qualcosa.
7.
Amore e mito 02:35
Ci sono anche quando sono assente. Mi inchino mansueta alle tue parole che sanno addomesticare la tua anima zingara. Mi volto come Orfeo in attesa di squarci nitidi dal passato. Come Euridice mi inoltro nel futuro e mi smarrisco in isole senza pace. Sono qui, [in spazi di compassione] con il vestito a fiori leggero di vento. Mi rifugio in libri pesanti di vita per tessere come Penelope la trama del giorno che viene. Perdo l’amore, lo riconquisto come guerriera ostinata nell’universo sbandato trovo anche io confini entro cui lavarmi dalla polvere che fatica ad andar via. [E’ tutto uno scendere e un salire pietre su pietre nel commercio con la gente.] Amo il mondo anche quando mi viene contro. [Lo devo a te.]
8.
Epilogo 04:25
Finiremo, finiremo di stancarci per questi giorni magri, smunti, per queste ore che indeboliscono gli ardori, per questi individui – spettri, che mai risorgono alla sveglia dell’impegno, pigri – ahi, ma quanto pigri! – e guardano sempre dove Circe sedusse i loro stupidi compagni e si indignano senza conoscere il perché. Ameremo senza stancarci in stanze grandi a contenere cieli neri come la pece per confondere il mio dal tuo ed essere nostro. Torneremo a godere di vita.

about

Tracklist:

01 - E sia
02 - Dammi a voce distesa
03 - La veglia (feat. Andrea Chimenti)
04 - Esergo
05 - Il cuore sotto le scarpe sporche
06 - Non ho più
07 - Amore e mito
08 - Epilogo


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Rassegna stampa "E sia":

Non poteva esserci ripartenza migliore per i C.F.F. E Il Nomade Venerabile che, dopo sei anni di silenzio, dimostrano ancora una volta di saper nobilitare, con mani accorte e cuore gonfio, la poesia attraverso la musica. La silloge “E sia” della concittadina Grazia Procino diventa per la band di Gioia del Colle grumo emotivo intorno al quale cucire un ordito di visionarie traiettorie elettroacustiche in cui la consueta cifra stilistica – sospesa tra sonorità “consortili” e scismiane – viene a questo giro impreziosita da una malinconica mediterraneità (“E sia”, “Esergo”), una crepuscolare elettricità (“Amore e mito”, “Il cuore sotto le scarpe sporche”) e una teatrale new wave krypton-litfibiana (“Epilogo”). (Antonio Belmonte, Rumore)

Torna finalmente dopo sei anni una delle band più storiche e di qualità dell’underground pugliese, i C.F.F. e il Nomade Venerabile, che portano avanti dal 1999 un percorso di grande raffinatezza e profondità. Questa volta il gruppo di Gioia del Colle propone otto nuove canzoni i cui testi adattano poesie di Grazia Procino, tratte da una raccolta intitolata, come il disco, “E sia”.
Anche in questo lavoro la band, composta da Vanni La Guardia (basso e voce), Anna Maria Stasi (voce principale, scenografie), Anna Surico (chitarre e synth) e Guido Lioi (batteria e percussioni), resta coerente con la sua visione di un rock estremamente poetico, di lancinante bellezza e intensità.
Il pathos con cui i C.F.F. investono l’ascoltatore si nutre di suoni essenziali e nudi, che riecheggiano e sgocciolano tondi e caldi, di versi che si fanno mantra che incidono la pelle e penetrano nell’anima, di un’idea di musica che non è dispersione e magniloquenza inutile, ma concentrazione e lirismo materico.
Nell’ottavo disco del gruppo (tra LP, EP e raccolte) non mancano però anche tempeste elettriche alt-rock, dark o quasi gotiche, come quelle che soffiano impetuose nella bellissima Il cuore sotto le scarpe sporche; chitarre acustiche intessono malinconie ipnotiche o ricami agrodolci, mentre quelle elettriche avviluppano nelle inquietudini, o disegnano bagliori dai colori accesi.
Nella voce di Anna Maria Stasi c’è nostalgia e forza, estasi e tenerezza potente, un afflato poetico e quasi profetico, delicatezza di vetro e resistenza di chi non è mai stato sfiorato dal “desiderio di essere come tutti”, come “papavero ai bordi / di un asfalto al catrame” (“Esergo”).
Bassi sinuosi scavano nell’ascoltatore, mentre i synth plasmano atmosfere sospese e vertiginose, come quelle della meravigliosa “La veglia”, duetto con Andrea Chimenti, oppure assumono un afflato potente, onirico e quasi spettrale, per raccontare la lotta di un’eroina (post-) mitica, che riconquista l’amore perduto come “guerriera ostinata / nell’universo sbandato” (“Amore e mito”).
L’album, prodotto dai C.F.F. con Marcello Magro, si apre con il bisogno di aggrapparsi a qualcosa, a tutto, persino alla notte, “pur di non sprofondare” (“E sia”), così come con vuoti da riempire con canzoni, quando si avverte la necessità di “voci che a gola spiegata cantino la vita”, di essere dilaniati dalla “verità brutale”, che ti cambia per sempre (“Dammi a voce distesa”).
L’epilogo del disco, che è diviso idealmente in due facciate, è cinematico, perturbante e cupo, ma in un’atmosfera tesa e vibrante sa anche ribaltare l’impressione di muoversi esausti, tra “spettri, che mai / risorgono alla sveglia dell’impegno”, nella forza e costanza di chi saprà ancora amare senza stancarsi e nella fiducia che “torneremo a godere di vita”, ultime parole del lavoro cantate quasi con enfasi da sacerdotessa di un futuro sereno.
“Ognuno manca di qualcosa”, canta Stasi in “Non ho più”: al mondo della musica vera, quella che purtroppo resta spesso sotterranea, o rimane prezioso tesoro che pochi contemplano e assaporano con gli occhi gonfi di poesia, mancavano i C.F.F., che, parafrasando Ungaretti, andrebbero riportati più che mai alla luce, tornando da un porto sepolto e arcano con nelle orecchie i loro canti e nel cuore la bellezza di un inesauribile segreto. (Ambrosia J. S. Imbornone, Mescalina)

C.F.F. e il Nomade Venerabile è una band di cui si ha sempre bisogno, e dunque ogni nuova uscita rappresenta ogni volta un viaggio diverso. La band pugliese non ha mai avuto paura di sperimentare e misurarsi con generi differenti, dal post-punk al cantautorato, dal teatro danza all’elettronica e al post rock, senza mai perdere la propria identità, anzi rafforzandola. Nel loro ventennale percorso ci sono collaborazioni con i principali nomi della musica alternativa e indipendente degli ultimi decenni, partecipazioni sempre al posto giusto, a valorizzare con misura e raffinatezza brani già solidi. D’altra parte lo stesso nome scelto dal collettivo (C.F.F. Concettuale Fisico Fastidio) richiama a tre aspetti identitari che li caratterizza dalle origini: concettuale per la potenza evocativa e visionaria delle parole scelte, fisico per la presenza scenica e fastidio per il forte e schietto impatto della performance. A vederli dal vivo si capisce che non viene fuori solo la somma di questi aspetti ma molto di più.
I C.F.F. hanno un cuore che batte e percorre sentieri precisi della storia recente della musica italiana, che radica nella new wave toscana degli anni Ottanta, così come nell’italian punk e post punk emiliano, fino all’alternative degli anni Novanta. E’ un patrimonio di ascolti sedimentato e rielaborato, sempre fuori dalle futili mode del momento. Col nuovo lavoro ci spiazzano ancora, perché E Sia è un album tratto dall'omonima silloge della poetessa gioiese Grazia Procino. Se i dischi fossero ancora divisi in lato A e lato B, avremmo una prima parte, composta da quattro tracce, decisamente acustica, e una seconda invece, con le altre quattro canzoni, certamente elettrica.
La musica composta accompagna le poesie prendendone l’anima e trasformandole in canzoni, e la voce di Anna Maria Stasi, in un equilibrio davvero notevole, interpreta i versi riuscendo a cantarli e recitarli allo stesso tempo. Un solo ospite in questo lavoro, ed è Andrea Chimenti che con la sua splendida voce e personalità impreziosisce il brano La Veglia. L’affiatamento dei componenti si manifesta scorrendo le tracce, che salgono di dinamica e rivelano il dialogo tra gli strumenti di Vanni La Guardia, Anna Surico e Guido Lioi. Chi già conosce i C.F.F., con E Sia aggiunge un piacevole tassello ai propri ascolti; chi invece si avvicina alla band con questo disco ha l’occasione di andare a ritroso a scoprire anche i dischi precedenti, e non se ne pentirà. (Ernesto Razzano, L'isola che non c'era)

I C.F.F. (dove “C.F.F. sta per “Concettuale Fisico Fastidio”, considerate che siamo di fronte ad una band che dal vivo tira fuori delle vere e proprie performance di arti figurative, non paillettati ammiccamenti baldraccheschi da primo piano tv) sono una band pugliese (rispettivamente, Vanni La Guardia, basso e voce, Anna Maria Stasi, voce e scenografie, Anna Surico, chitarre e synth e Guido Lioi, batteria e percussioni) con venti e passa anni di carriera alle spalle (iconico quel “Lucidinervi”, anno 2009, fra le perle del circuito indipendente italiano), che ci regalano “E sia”, sesta prova da studio, che arriva a distanza di sei anni dal precedente “Canti notturni”.
Disco ispirato, per titolo e testi, alla silloge omonima di Grazia Procino, che si presenta, oltre che come un vero e proprio concept album, anche come un disco “diviso”, quasi d’altri tempi: otto pezzi totali, suddivisi idealmente in due facciate, la prima con colori più acustici, la seconda a venature più elettriche, ottimo resoconto del vasto spettro di sonorità che da sempre contraddistingue i nostri amici.
Disco che si apre proprio con la title track, pezzo su cui giocano ad incastrarsi una linea di basso profonda ed un cupo arpeggio di chitarra, col tappeto di elettronica che riempie e rende il tutto quasi paludoso. L’ingresso della sezione ritmica aggiunge un colore meno dilatato alla dinamica, in un pezzo la cui atmosfera è perfetta rappresentazione di quel “Ci si aggrappa a tutto per non sprofondare, anche alla notte” che compone il testo.
Secondo pezzo, aperto anche in questo caso da un incrocio perfetto fra chitarre ed una linea di basso vorticosa, è “Dammi a voce distesa”. Qui, oltre agli elementi già citati, svettano un ebow che trascina verso un’atmosfera più languida, cui gli squarci di chitarra elettrica fanno da perfetto contraltare. “Ora che è notte e tutto odora di sporco, c’è un bisogno di voci che, a gola spiegata, cantino la vita, quella intera, non frazionata in frammenti di inutili niente.”
Segue “La veglia”, uno dei due singoli estratti dall’album, col featuring di uno di quegli artisti che, in un mondo giusto, verrebbero portati su una lettiga d’oro per le strade delle città, Andrea Chimenti. Un pezzo straniante, nel quale le atmosfere elettriche cominciano a prendere il sopravvento, con un notevole muro di suono denso e carnoso a fare da tappeto all’incontro, splendido, fra le due voci, quella sabbiosa e profonda di Chimenti e quella cristallina e limpida di Anna Maria Stasi, nel continuo e magnifico rincorrersi ed incontrarsi del testo, “Tienimi il cuore tra le mani. Mi guardi fino a fissarmi. I tuoi occhi mi parlano nella grammatica silenziosa che noi sappiamo.”
“Esergo” è, prima di tutto, la potenza fatta parola: quattro versi, “Non mi ha mai sfiorata il desiderio di essere come tutti. Io, papavero, ai bordi di un asfalto al catrame”, detonanti e rimbombanti, montati su un delicato arpeggio di chitarra, bagnato da un lago di synth tenui.
“Il cuore sotto le scarpe sporche” segna il già citato passaggio a sonorità più ruvide. Ed infatti si scatena, fin da subito, una tempesta di elettrica pioggia distorta, dilaniata da strappi di chitarra elettrica e resa incessante da una linea di basso tonante, col contraltare del finale a cappella, che, seppur non meno dolente, sembra fare da quiete dopo la tempesta. “Seguì un inverno inacidito dalla tua indifferente distanza, gelo alle mani e al cuore. Volli provare la disperazione, invocai balli di distratta allegria, fui terra asciutta.”
A questa segue “Non ho più”, sorretta ritmicamente da una chitarra acustica, colorata dai fraseggi della elettrica e da toni più vicini all’elettronica, con un interessante tappeto di synth su cui ben si sposa una ipnotica linea di basso, mentre i contrappunti degli archi fanno da aperture melodiche al pezzo, e suonano, in considerazione del testo, come coraggiosi lampi di autocoscienza. “Ho ancora i piedi e gli occhi. Mi seguono, mi rincorrono, mi scrutano nei passi vacillanti. Non smarriscono la bussola nel vuoto assolato d’estate e nella nebbia di un eterno autunno.”
Penultima traccia è “Amore e mito” (“Mi volto come Orfeo, in attesa di squarci nitidi dal passato. Come Euridice mi inoltro nel futuro e mi smarrisco in isole senza pace.”), brano in cui i colori elettronici si mescolano perfettamente a quelli elettrici, in un tumultuoso incontro, con un basso martellante che infrange il solidissimo muro sonoro creato dalle schitarrate sporche.
A chiudere il disco ci pensa “Epilogo”, aperto da un palpitante pattern di percussioni ed elettronica, su cui l’ingresso della chitarra elettrica arriva come lama affilatissima, in un pezzo dall’afflato asfissiante e cupo, sottolineato da un cantato che è in realtà un recitato cadenzato ed incessante. “Ameremo senza stancarci in stanze grandi a contenere cieli neri come la pece, per confondere il mio dal tuo ed essere nostro. Torneremo a godere di vita.”
Vado a chiudere dicendo che si tratta di un disco politico, per tutta una serie di motivi, primo dei quali è l’uso della parola, messa al centro riprendendo le poesie di Grazia Procino e così giocando la carta della rarefazione letteraria, dell’afflato immaginifico della parola.
Poi è un album politico perché è “pulito”, senza sotterfugi, vivo: gioca a carte scoperte, riuscendo costantemente a sorprendere l’ascoltatore riversandogli nelle cuffie tutta la sua tavolozza stilistica.
Ed, ultima cosa, che poco c’entra con la politica: stiamo parlando di un gruppo che ha carattere a pacchi, di una prova discografica magnetica, di un approccio alla materia musicale talmente sentita da risultare necessaria.
Il rock (non) è morto, evviva il rock! (Giuseppe Provenzano, Extra Music Magazine)

E’ un grande ritorno, quello dei C.F.F. e il Nomade Venerabile, band che a 22 anni dal suo esordio prosegue nel suo incedere sperimentale e cantautorale, all’insegna della feconda composizione di stile e (anti)tendenza. “E sia” è il titolo del nuovo album del gruppo nato a Gioia del Colle ma capace di guardare al mondo, dall’alto di una tessitura di influenze che svariano dalla new wave al post punk, fino all’indie rock e alla musica elettroacustica. Sinteticamente, musica d’autore. Sono otto i brani del disco. Otto brevi respiri, atmosfere notturne e stranianti. Penetranti negli interstizi del cuore, lì dove non arrivano le parole ma incidono i suoni e le sensazioni... Quello dei C.F.F. e il Nomade Venerabile è un piccolo viaggio apparentemente e realmente dolente, dentro un mondo in cui ci si riconosce appieno solo se si fa finta di nulla.
“Ci si aggrappa a tutto pur di non sprofondare”, per dirla con le parole di “E sia”, il brano che apre il disco, cercando di sopravvivere come papaveri nel contesto di un asfalto al catrame (il leit motiv, non a caso, di “Esergo”, quarto pezzo in scaletta). Ma chi pensa che non ci sia via d’uscita non ha fatto i conti con i muscoli volontari e involontari di Vanni La Guardia, Anna Maria Stasi, Anna Surico e Guido Lioi. La ricerca di una “voce distesa”, l’implorazione di tenere “il cuore tra le mani” e di conoscere una “grammatica che non sappiamo”, trovano risposta nelle pieghe del mondo, amato “anche quando viene contro”... La conclusione, anzi l’epilogo, come da ultima traccia dell’album, è il manifesto di una poetica che, anche nel doloroso oggi delle cose e delle note, prova a trovare una via d’uscita. “Finiremo di stancarci per questi giorni magri” - recita “Epilogo” - ameremo senza stancarci. Torneremo a godere di vita”. (Pasquale Caputi, Corriere del Mezzogiorno)

La loro musica ha da sempre una vocazione sinfonica, è un abbraccio circolare in cui generi differenti, dalle sonorità cantautorali ai ritmi della new wave, fino alle contaminazioni tra indie-rock ed elettronica, trovano un perfetto equilibrio nella forma canzone... “E sia” contiene otto nuovi brani (i titoli e i testi sono tratti dall’omonima raccolta della poetessa gioiese Grazia Procino, pubblicata da Giuliano Landolfi). Un lavoro dal doppio volto, melodioso ed elettronico: dalla canzone “E sia”, quasi un affresco sullo smarrirsi e sulla necessità di potersi aggrappare a qualsiasi cosa per sfuggire al baratro, a “La veglia”, una ballata sulla grammatica silenziosa degli sguardi (impreziosita dalla voce del cantautore Andrea Chimenti). Nell’album sono racchiusi brani come “Non ho più”, manifesto delle cose che non tornano indietro o “Amore e mito”, in cui si rievocano figure come Euridice, Orfeo e Penelope fino al brano “Epilogo”, spiragli di speranza per ritornare a godere della vita. (Gilda Camero, La Repubblica)

Un cd nel quale si raccolgono otto brevi e densi brani. In ognuno di essi si coniugano senza sgomitare in una sintesi di apprezzabile equilibrio influenze musicali anche lontane: new wave, post punk, musica d’autore, indie rock e musica elettroacustica. Le prime quattro tracce hanno natura acustica e raccolta; nelle restanti l’elettrificazione e l’elettronica sopravvengono a tingere d’asprezza l’eco da solitudine che in definitiva costituisce la cifra di “E sia”, in silloge come su disco. Vanni La Guardia (basso e voce), Anna Maria Stasi (voce), Anna Surico (chitarre e synth) e Guido Lioi (batteria e percussioni) manifestano qui una cresciuta maturità artistica, tecnica e – tra le righe – anche umana. Lo si percepisce già dalle prime note di “E sia”, che è pure titolo del brano d’apertura e il cui colore cupo e sussurrato anticipa la dimensione pensosa e d’isolamento della prima parte dell’opera, divisa tra lamenti da naufragio e richieste d’aiuto (“Dammi a voce distesa”, “La veglia”, “Esergo”). Nella seconda parte, dicevamo, lo stesso cuore ferito trova un’impennata d’orgoglio: la reazione, fiera ed epica in “Il cuore sotto le scarpe sporche”, va in crescendo. L’indignazione sguscia dalla penombra (“Non ho più”) e si fa vibrante (“Amore e mito”), sino al lacerato e apocalittico “Epilogo”. Palpabile la passione trasfusa dal gruppo e da ciascuno dei componenti. Ne consegue una ricchezza musicale mai ostentata e che si pone costantemente al servizio di una coerenza tematica per la quale in altri tempi si sarebbe parlato di concept-album. (Italo Interesse, Quotidiano di Bari)

Una storia più che ventennale ha reso l’ensemble pugliese scabro e solenne, aspro e intenso. Se in tempi passati un plausibile termine di paragone erano i C.S.I., il cielo plumbeo del nuovo disco potrebbe essere quello dei Radiohead. Radiohead con voce (quasi sempre) femminile, occorre aggiungere.
Ciò detto apparirà chiaro anche ai non informati che qui si ascolta musica che comunica poca allegria – a meno che si parli dell’ungarettiana “Allegria di naufragi”. “E sia” è un disco breve (26 minuti) e austero che mette in musica otto testi della poetessa Grazia Procino. Le prime parole sono una chiara dichiarazione di scuri intenti: “Lo so, ci si aggrappa a tutto pur di non sprofondare”. Lo si potrebbe considerare un’attualizzazione non proprio ottimista del celebre distico di Hölderlin “Dove c’è pericolo/ cresce anche ciò che salva” (cantato anni fa, con qualche variazione, da Les Anarchistes), oppure la negazione di quella frasetta che circolava agli inizi della pandemia e che i fatti hanno provveduto a smentire: “Andrà tutto bene”.
Non va tutto bene in “E sia” ed è come se i tempi avessero incontrato i C.F.F. anziché viceversa. La brevità delle canzoni le rende nitide, essenziali, quasi istantanee di momenti o di stati d’animo che si stagliano nella memoria. Qualche volta c’è tenerezza (“La veglia” con la voce di un mito indie quale Andrea Chimenti), qualche volta desolazione (“Il cuore sotto le scarpe sporche”) come sempre accade quando si parla d’amore. Il momento più intenso arriva in “Epilogo”, dove una musica spettrale accompagna parole che si aprono alla speranza secondo una dialettica distruzione-ricostruzione affine ai Godspeed You! Black Emperor più recenti.
“Torneremo a godere di vita” è la frase di chiusura del disco e, anche se i testi sono stati tutti composti pre-pandemia, è inevitabile pensare alla nostra attualità. Non è andato tutto bene, ma varrà la pena ritentare. Intanto questo disco aiuta. (Antonio Vivaldi, Tom Tom Rock)

Il disco si apre con due bellissime composizioni, “E sia” e “Dammi a voce distesa”, in cui vengono fuori tutte le qualità vocali di Anna Maria Stasi, che, in alcuni momenti, rievoca quelle della grande Antonella Ruggiero. Dopo lo strepitoso duetto tra la Stasi e Chimenti (“La veglia”) e le atmosfere sognanti di “Esergo”, si prosegue con “Il cuore sotto le scarpe sporche”, “Non ho più”, “Amore e mito” e “Epilogo”, brani in cui riaffiorano tutte le peculiarità compositive e sonore della band. (Nicola Morisco, La Gazzetta del Mezzogiorno)

“E sia” è uno dei dischi migliori per conoscere i C.F.F. e il Nomade Venerabile ed è nato quasi per caso da un reading letterario di presentazione di “E sia” (Giuliano Ladolfi Editore), la seconda silloge poetica di Grazia Procino. La band accompagnò la presentazione svoltasi nel Foyer del Teatro “Rossini” di Gioia del Colle, musicando quattro poesie. Dalla bellissima commistione tra le parole della poetessa e le melodie della band è nata l’idea di sviluppare un intero album che segna il debutto alla batteria dei C.F.F. di Guido Loi.
La band è riuscita a racchiudere i differenti background dei quattro componenti in otto tracce che idealmente si dividono in due facciate. La prima di natura acustica, sulla scia della musica d'autore. La seconda più post-punk, new wave e indie rock. Due facciate ideali per un album magnetico.
“E sia” si apre con il suono che culla e ondeggia della title track seguita da “Dammi a voce distesa”. Ascoltare versi del tipo: “ci si aggrappa a tutto pur di non sprofondare, anche alla notte” e “c’è un bisogno di voci che a gola spiegata cantino la vita“, in un momento che necessita profondamente di questo, mette davvero i brividi. Come la voce della Stasi che esprime in queste prime tracce tutta la sua potenza vocale.
In “La veglia” la voce dell’interprete gioiese si sposa perfettamente con quella di Andrea Chimenti, cantautore e voce della storica band Moda, esponente del sound fiorentino degli anni ’80. Chimenti contribuisce alla potenza espressiva del brano, impreziosendolo con la sua sensibilità. “Esergo” con le sue atmosfere eteree e sognanti ci conduce alla seconda facciata elettronica.
“Il cuore sotto le scarpe sporche” urla il “gelo alle mani e al cuore” di un inverno inacidito dopo una domenica d’estate complice del gesto ostile, slavata, ma non grigia. “Ognuno manca di qualcosa“: la consapevolezza della mancanza emerge in “Non ho più”. Tra mani e bocca perse, le prime per carezze che non sono ritornate, la seconda usata per donare baci acerbi.
“Amo il mondo anche quando mi viene contro” è il verso che chiude “Amore e mito” ed è il ritornello della settima traccia di E sia. Tra l’attesa “di squarci nitidi dal passato” di Orfeo, la proiezione nel futuro di Euridice e “il rifugio” nei libri come “il tessere” di Penelope “la trama del giorno che viene“.
Altri versi quanto mai attuali e profetici si ritrovano in “Epilogo”, la traccia che chiude il disco: “finiremo di stancarci per questi giorni magri, smunti“. Primo verso carico di speranza che fa eco all’epilogo: “torneremo a godere di vita“.
La band dimostra con “E sia” di non aver minimamente perso il piglio, l’emotività e l’attitudine espressiva dei primi dischi. (Mariangela Cuscito, The Soundcheck)

Siamo purtroppo abituati a farci condizionare dalla strade breve, quella che segnerà le scelte musicali e letterarie delle nuove generazioni.
Dispiace dire che, se da un lato la tecnologia ha migliorato la possibilità di conoscere realtà musicali e letterarie, offrendo piattaforme di condivisione impensabili fino a qualche anno fa, queste stesse piattaforme sono servite ai più per cercare la strada più breve e comoda: quella dell’apparenza invece dei contenuti. Basta poco per diventare star su youtube, ancora meno perché si parli di fenomeni che tali diventano per “numero di like”, “numeri di visualizzazioni” ecc. ecc.
Per fortuna, esiste un mondo vivo, che ancora non si rassegna a questa realtà. Esiste per fortuna una schiera di musicisti che crede ancora nel lavoro, nella ricerca, nell’originalità, nell’impegno e nello studio.
Abbiamo parlato diverse di quante difficoltà debbano affrontare questi “dispensatori di emozioni in forma musicale”, inutile pertanto ripetersi.
E allora parliamo dei C.F.F. e il Nomade Venerabile, gruppo italiano nato a fine anni ’90, che ha all’attivo diversi album in studio e che in questo 2021 ci ha regalato il suo nuovo CD, “E sia”.
Ecco il caso in cui i social aiutano. Andrea Chimenti, storico leader dei Moda, pubblica un post in cui ringrazia la band per avergli chiesto di collaborare a questo ultimo disco. Incuriosito ho cercato di ascoltare qualcosa online e, nonostante ci sia poco disponibile, i C.F.F. mi hanno fatto un’ottima impressione. Sono entrato poi in contatto con il bassista del gruppo, Vanni La Guardia, che mi ha gentilmente suggerito il canale per poter acquistare questa ultima fatica discografica, perché, ed è bene sottolinearlo, questo CD non lo potete ascoltare in nessuna piattaforma on-line. Una scelta coraggiosa, una scelta ammirevole, una scelta che la dice lunga su cosa sia importante per questa band.
E adesso ho finalmente tra le mani il disco e lo metto su. Quello che inizia è un viaggio musicale di circa 30 minuti.
I titoli e i testi sono tratti dalla silloge “E Sia” di Grazia Procino, e sono stati ovviamente riadattati. Il risultato è semplicemente strepitoso.
Un applauso a Grazia Procino e un applauso ai C.F.F. per aver creato un disco di poesia – mi permetterete la definizione. Un lavoro non semplice, che però permette di apprezzare ancora una volta cosa significhi fare un disco mettendo insieme testi significativi e musica per offrire un prodotto che comunichi emozioni vere. Ecco, questo disco regala emozioni. Ogni strumento, ogni arrangiamento, ogni sfumatura della voce crea sensazioni forti. Questo disco fa parte di quella categoria di dischi che NON si possono mettere come sottofondo per altre attività, questo disco vuole essere ascoltato non sentito. Questo disco vuole che gli si dedichi del tempo. La musica può essere uno splendido sottofondo per la nostra vita, e può anche diventare protagonista di un momento della nostra vita, mettendo in primo piano la colonna sonora e le immagini come sfondo.
A chi pensa che la poesia sia “pesante”, “noiosa”, consiglio di leggere qualche libro di autori contemporanei e non fatevi trascinare da queste definizioni. Questo disco è quanto di più godibile ci possa essere. I 4 componenti del gruppo sono riusciti a creare delle atmosfere e delle melodie talmente belle e ricche che è difficile non rimanerne affascinati. La resa dei testi è frutto di un lavoro mirato in cui le parole e la musica si valorizzano a vicenda. La fusione di diversi generi rende il tutto ancora più vario.
La voce di Andrea Chimenti nel brano “La veglia” arriva poi come un omaggio inaspettato. Andrea con i suoi consueti modi gentili, entra quasi in punta di piedi, senza rubare la scena ma regalando dei momenti indimenticabili. (Gianluca Marras, Books and Music)

credits

released March 15, 2021

C.F.F. e il Nomade Venerabile:
Vanni La Guardia – basso e voce
Anna Maria Stasi – voce e scenografie
Anna Surico – chitarre e synth
Guido Lioi – batteria e percussioni

Hanno cantato e suonato:
Andrea Chimenti – voce in "La veglia"
Marcello Magro – synth aggiuntivi in "La veglia", "Esergo", "Il cuore sotto le scarpe sporche", "Amore e mito", "Non ho più", "Epilogo".

Musiche: C.F.F. e il Nomade Venerabile.
Tutti i titoli e i testi sono tratti dalla silloge poetica "E sia" di Grazia Procino (Giuliano Ladolfi Editore) e adattati da Anna Maria Stasi.

Registrazione, missaggio, editing e mastering: Marcello Magro presso il Lucky Recording Studio di Bari nei mesi di novembre e dicembre 2020, gennaio e febbraio 2021.
Le chitarre di "E sia", "Dammi a voce distesa", "La veglia", "Epilogo", la campana tibetana de "La veglia" e i synth di "E sia", "Dammi a voce distesa", "La veglia", "Esergo", "Amore e mito", "Epilogo" sono stati registrati da Anna Surico presso l’Home Studio di Gioia del Colle; i synth de "Il cuore sotto le scarpe sporche" e "Non ho più" sono stati registrati da Anna Surico e Vanni La Guardia presso l’Home Studio di Gioia del Colle.
La voce di Andrea Chimenti in "La veglia" è stata registrata dallo stesso Andrea presso la sua casa di San Martino Buon Albergo (VR), nel mese di gennaio 2021.
Programmazione archi in "Amore e mito": Vito "Papas" Pappagallo.
Produzione artistica: C.F.F. e il Nomade Venerabile e Marcello Magro.
Produzione esecutiva: Vanni La Guardia.

Tutti i brani sono depositati S.I.A.E. a nome STASI.

In copertina: disegno ideato e realizzato da Francesca Pastore (FB effepastore, IG elecktrart).
Fotografie: Lia Marchetti (FB Hnosslia, IG lia_marchetti).
Progetto grafico: Anna Maria Stasi.

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C.F.F. e il Nomade Venerabile Gioia Del Colle, Italy

I C.F.F. e il Nomade Venerabile sono un gruppo rock-wave italiano originario di Gioia del Colle (BA), nato nel 1999 e formato da Anna Maria Stasi (voce, scenografie), Anna Surico (chitarre, synth), Vanni La Guardia (basso, seconda voce), Guido Lioi (batteria).
L'acronimo C.F.F. sta per "Concettuale Fisico Fastidio". Continua a leggere qui: www.rockit.it/cffeilnomadevenerabile/biografia.
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